venerdì 2 aprile 2021

AGGIORNAMENTO 2021

 Tutti gli articoli cui fanno riferimento le pagine di notizie delle testate giornalistiche regionali sono privi di fondamento giuridico e rispecchiano solo articoli di giornali scritti da controparti.

Che siano privi di fondamento giuridico lo dimostra la memoria qui riportata dell'Avv. Giacomo B.




Sul grave errore giudiziario di cui è stato vittima Mons. Luigi Fabbro

a proposito di ODA ente canonico (Opera Diocesana di Assistenza)

 

 

ODA era un ente meramente canonico mai riconosciuto quale persona giuridica civile: difetto di giurisdizione statale

1.- Mons. Luigi Fabbro è stato condannato dal Tribunale Penale di Udine, con sentenza datata 02.10.2014, confermata dalla Corte di Appello di Trieste in data 06.04.2016, e dalla Corte di Cassazione in data 26.04.2017-12.05.2017 per condotte di appropriazione indebita, asseritamente poste in essere nell’anno 2008-2010 e rilevate in “violazione dei fini di cui all’art. 2 dello Statuto dell’ente ODA (Opera Diocesana di Assistenza)”, sul presupposto che egli fosse “Presidente del comitato di garanzia dell’ente canonico ODA” (Cass. pen. II Sezione, sentenza n. 23423 del 26.04.2017-12.05.2017.

Tuttavia:

ODA era tuttavia Fondazione pia meramente canonica, mai iscritta nel registro delle persone giuridiche civili. Difettava, dunque, con assoluta evidenza, la giurisdizione statale su ODA (cfr. Statuto di ODA ente canonico).

La sentenza della Suprema Corte, all’eccezione specifica di difetto di giurisdizione, ha fondato la propria giurisdizione e competenza riconoscendo in ODA una fondazione civile di fatto, dichiarando il seguente principio di diritto: “un ente canonico pubblico che non abbia mai chiesto, o ottenuto, riconoscimento di persona giuridica civile, né il suo statuto sia mai stato depositato presso il pubblico registro delle imprese, va ritenuto un ente di fatto, e come tale soggetto alle regole del cod. civile”.

 

E’ stata ‘creata’ in Sentenza una Fondazione di fatto

2.- E’ anzitutto evidente la carenza di giurisdizione statale e addirittura la violazione della giurisdizione esclusiva ecclesiastica ai sensi del Concordato (cfr. l. 121/85), ed ai sensi dell’art. 7 della Costituzione italiana.

Evidente, inoltre, che non possa esistere una “Fondazione civile di fatto”, sul presupposto dell’esistenza di un ente meramente canonico.

Ognuno sa, difatti, che se può esistere un ente associativo di fatto, ben più complessa è la realtà per le Fondazioni, caratterizzate dalla necessità sia di un negozio fondativo (per atto pubblico), sia di un negozio dotazionale (per atto pubblico per i beni immobili e mobili registrati e per assegni circolari per il capitale iniziale), sia infine l’intuitus o finalizzazione al bene pubblico.

E’ un fatto che né il Codice di Diritto Canonico, né il Codice Civile italiano, menzionino l’istituto della Fondazione di fatto.

Nel caso di specie, inoltre, trattandosi di enti ecclesiastici, vige un regime giuridico caratterizzato da specialità, ed essi possono essere riconosciuti ed esistere nell’ordinamento civile solo ed esclusivamente con il procedimento di riconoscimento previsto dall’Accordo di Villa Madama, di cui alla Legge di derivazione pattizia L. 222/85. 

Ma anche ammesso – e non concesso – che possa esistere una Fondazione di culto - ente ecclesiastico civilmente riconosciuto di fatto, nel caso di specie l’ente solo canonico aveva di fatto cessato di esistere un ventennio prima (1988) dei fatti di causa (2008-2010), così come dimostreremo.

Nella questione sub iudice, dunque, lo Stato ha chiaramente esuberato dalla sua giurisdizione ed è incorso in macroscopici errori di diritto e di fatto.

 

3.- Inoltre, Mons. Luigi Fabbro risulta condannato da una Sentenza dello Stato per condotte in violazione dello Statuto ODA (e dunque per violazione del diritto proprio canonico in materia di amministrazione di beni ecclesiastici), ma l’Ordinario del luogo mai gli ha contestato alcun reato eppure specificamente previsto dal Codice di Diritto Canonico (cfr. can. 1377).

Se egli avesse veramente commesso reati nella amministrazione dei beni ecclesiastici a lui affidati, l’autorità ecclesiastica lo avrebbe dovuto condannare a seguito di un regolare processo penale canonico; circostanza che non si è verificata per insussistenza di fatti delittuosi.

Sussiste dunque un ulteriore paradosso: Mons. Fabbro è stato condannato da una sentenza Statale ma non canonica, per asseriti illeciti commessi nell’esercizio di un ufficio solo canonico, in un ente solo canonico, mai riconosciuto agli affetti civili.

 

Condanna per appropriazione indebita, senza mai aver verificato dai bilanci che le somme appartenessero ad ODA e fossero iscritte a bilancio ODA

4.- Mons. Luigi Fabbro è stato condannato per asserita appropriazione indebita di somme asseritamente di proprietà di ODA, senza che mai i bilanci di ODA, né annuali per gli anni interessati dall’asserito commesso delitto, né di liquidazione finale, siano stati esibiti o depositati in giudizio, per dimostrare che quelle somme appartenessero effettivamente ad ODA ente canonico.

Tale realtà è inoppugnabile: mai in corso di istruttoria sono stati depositati i bilanci di ODA, approvati dal Consiglio affari economici diocesano, riferiti agli anni degli asseriti reati (2008, 2009, 2010). Mons. Luigi Fabbro è stato pertanto condannato sul presupposto che alcune somme fossero di proprietà di ODA, senza che ciò sia mai stato provato attraverso i bilanci ODA.

 

I reati per i quali è stato condannato il Rev. Fabbro in qualità di Presidente ODA si riferiscono ad anni in cui ODA ente canonico era estinto ed il Rev. Fabbro non era più Presidente ODA

5.- ODA ente diocesano fu estinto a partire dall’anno 1988. I fatti per i quali Mons. Fabbro è stato condannato come “Presidente del comitato di garanzia di ODA” si riferiscono agli anni 2008, 2009 e 2010. L’evidente ingiustizia della Sentenza di condanna è incontrovertibile.

Inoltre nello Statuto ODA non esiste il “Comitato di garanzia” di ODA ente canonico. L’organo di governo è stato completamente inventato dalle sentenze statali.

Nel decreto dell’Ordinario diocesano datato 02.09.1987 con il quale si mutava la natura giuridica dell’Ente canonico “Opera Diocesana Assistenza” in Società cooperativa a responsabilità limitata (ente meramente civile, che aveva disecclesiasticizzato i beni di ODA), si chiarisce che la persona giuridico-canonica ODA eretta il 10.11.1954 fosse persona giuridica collegata e funzionalmente dipendente dall’ente ecclesiastico riconosciuto civilmente della Mensa episcopale: “Visto l’art.28 della legge 20 maggio 1985, n. 222 che estingue la Mensa Arcivescovile, Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, cui giuridicamente e civilmente faceva capo l’Opera Diocesana Assistenza...”.

La Mensa arcivescovile venne estinta in forza di disposto della L. 222/85, la quale all’art. 28 stabiliva la contestualità tra l’erezione dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, e l’estinzione della Mensa episcopale: “Con il decreto di erezione di ciascun Istituto sono contestualmente estinti la mensa vescovile, i benefici ...”. Si tenga conto che la legge citata non imponeva l’immediatezza delle devoluzioni dei beni, tanto che il dettato normativo poneva il termine del 31 dicembre 1989 per l’iscrizione degli Istituti sostentamento clero nel registro delle persone giuridiche (cfr. art. 6, II c. l. 222/1985). E’ dunque congruente che l’Ordinario diocesano abbia provveduto in data 02.09.1987.

Si ribadisca inoltre che ODA era collegata, quanto ad indirizzo ed operatività, anche alla “Pontifica Opera di Assistenza”: ente collocato in un preciso contesto storico, per finalità dunque esaurite, così da causarne la soppressione da parte del Pontefice Paolo VI nel 1970 e la costituzione della Caritas internazionale, nazionale, ed anche diocesana in ogni Chiesa locale (1976 per Udine).

Dal citato decreto datato 02.09.1987 con il quale si muta la natura giuridica di ODA si desume dunque: che l’art. 28 della L. 222/85 avesse estinto la Mensa arcivescovile, che ODA fosse ente giuridicamente e civilmente da questa dipendente, e che pertanto l’estinzione dell’ente sovraordinato comportasse la necessità di integrale ridefinizione giuridica e di devoluzione dei beni di quello sotto ordinato, che in quel contesto normativo e storico non poteva continuare ad esistere neppure di fatto.

 

6.- Il citato decreto episcopale del 02.09.1987 esprime la volontà di mutare la veste giuridica della preesistente persona giuridica meramente canonica ODA, in una integralmente nuova e separata, avente configurazione meramente civile, di Società cooperativa a responsabilità limitata (Scarl): “Ritenuto conveniente e necessario dare all’Ente canonico Opera Diocesana Assistenza una configurazione giuridica civile”.

Al proposito non potrebbe neppure possibile parlarsi di trasformazione, giacché ad ODA ente meramente canonico succedette ODA Soc. coop. a r. l. (Scarl) ente meramente civile, e dunque un altro ente di un altro ordinamento giuridico.

Vengono conferiti tutti i beni, ed anche i fini e lo Statuto: “Considerato che le finalità dell’Opera Diocesana di Assistenza e il relativo Statuto saranno completamente assunti dall’erigenda Società Cooperativa a responsabilità limitata...” (decr. 02.09.1987). La licenza al conferimento venne conseguentemente espressamente concessa con decreto dell’Ordinario diocesano in data 16.3.1988 (cfr. doc. 3) nel quale si dichiara l’assenso al “conferimento dei beni mobili ed autoveicolari di proprietà del rappresentato Ente di Ordinamento Canonico alla Soc. Coop. a r.l. O.D.A.”, ossia di tutti i beni  di cui all’art. 5 dello Statuto.

 

7.- Occorre evidenziare che il conferimento di tutti i beni (“completamente”), peraltro accuratamente inventariati ed elencati possa essere sufficiente ad integrare invero una sostanziale canonica devoluzione totale dei beni di ODA. La devoluzione dei beni è fenomeno previsto esplicitamente dal Diritto Canonico giusto nei casi di fusioni, divisioni, soppressioni, estinzioni (can. 121, 122, 123) di persone giuridiche.

Nel caso specifico vi fu il conferimento di tutti (“completamente”) i beni della persona giuridica canonica fondazionale di cui alla Relazione di stima, svuotando di fatto l’universitas rerum di ODA ente canonico, eliminandone l’essenza costitutiva, impedendone il raggiungimento dei fini, e facendo sì che il complesso patrimoniale non fosse più tale, passando ad un’altra persona giuridica di altro ordinamento giuridico, con un “salto” di giurisdizione, che comportava l’implicita soppressione di ODA-ente canonico.

Il Diritto Canonico, inoltre, informandosi fortemente alla logica finalistica, collega l’esistenza delle persone giuridiche all’esistenza dei fini e dei mezzi. Ogni persona giuridica canonica, difatti, ai sensi del can. 114, §3, deve necessariamente perseguire un fine utile e possedere i mezzi sufficienti in ragione del fine stesso, così che non è possibile costituire persone giuridiche che non perseguano “un fine effettivamente utile e che, tutto considerato, sono forniti dei mezzi che si possono prevedere sufficienti a conseguire il fine prestabilito”.

Esiste, dunque, un positivo provvedimento ab extrinseco dell’autorità ecclesiastica di sottrazione dei beni e dei fini (e non già la mera assenza di attività dell’ente), che permette di dedurre, dal punto di vista prettamente canonistico, la suppressio ab extrinseco implicita, che è istituto esplicitamente ammesso dalla dottrina (cfr. M. Coronata, Institutiones Iuris Canonici, vol. I, Taurini 1950, pp. 166-167, n. 140).

 

8.- Lo Statuto di ODA Scarl non è mai stato approvato dall’Ordinario diocesano (è stata al contrario approvata il passaggio dei beni di ODA ente-canonico ad ODA Scarl, ed il conferimento - “svuotamento” dei beni). L’Ordinario, pertanto, sull’approvazione dello Statuto civile ha rilasciato ogni competenza. Si evidenzia che in Diritto Canonico l’approvazione degli Statuti da parte della competente autorità ecclesiastica eppure sia conditio sine qua non addirittura dell’esistenza della persona giuridica canonica (cfr. can. 117).

Lo Statuto di ODA Scarl (costituita in data 03.09.1987) non prevedendo alcun riferimento al regime delle licenze canoniche per i beni, e addirittura esplicitamente prevedendo che il Consiglio di amministrazione avesse potere deliberativo in merito agli “atti e contratti di ordinaria e straordinaria amministrazione, nessuno escluso” (art. 22 Statuto ODA Scarl) evidenzia ancor più la loro natura non ecclesiastica, la loro indipendenza dall’autorità ecclesiastica, e la loro finalizzazione e modalità di amministrazione del tutto indipendenti rispetto a quanto previsto dallo Statuto di ODA ente meramente canonico.

ODA - ente canonico, peraltro, non avrebbe potuto sopravvivere in nessuna veste giuridica civile all’interno di altra persona giuridica civile (partecipazione societaria) non essendo un ente personificato per il diritto civile, né l’eventuale situazione creditoria avrebbe potuto esser rivendicata da parte di un ente meramente canonico inesistente nell’ordinamento giuridico statale.

Qualsiasi interpretazione contraria, pertanto, (che ODA partecipasse in qualità di socio di ODA Scarl, ovvero conferisse un finanziamento infruttifero), è incongruente con l’assenza di personificazione civile e, segnatamente, non fu atto autorizzato da alcuna specifica licenza canonica.

 

9.- Quanto agli uffici: lo Statuto di ODA - ente canonico prevedeva la durata quinquennale dell’ufficio di Presidente. Mons. Luigi Fabbro venne nominato per la prima ed ultima volta Presidente ODA dall’Arcivescovo Alfredo Battisti in data 01.06.1984, cosicché in data 01.06.1989 l’ufficio divenne vacante. Né può invocarsi la prorogatio: nel caso di specie l’autorità ecclesiastica mai più, dal 1984 ad oggi, ha provveduto alle nomine degli organi di ODA ente canonico, così mostrando la convinzione della inoperatività per soppressione dell’ente meramente canonico.

Mons. Fabbro, eppure, è stato condannato per condotte commesse in qualità di “Presidente del Comitato di garanzia di ODA”.

Quanto all’attività di ODA - ente canonico se ne perdono del tutto le tracce per un periodo di ben ventitré anni: dal 1988 (data di svuotamento dei beni e di mancato rinnovo degli uffici) al 2011 (data di formale soppressione di ODA da parte del Vescovo) non essendovi più atti canonici che forniscano prova della sopravvivenza di ODA - ente canonico. Il Tribunale civile, invece, ha sostenuto che ODA ente canonico esistesse nell’ordinamento civile come “Fondazione di fatto” ancora negli anni 2008-2010, quando di fatto, tutto era cessato nel 1988.

 

10.- Se così non fosse, l’autorità ecclesiastica avrebbe dovuto vigilare secondo poteri espressamente riconosciuti dal can. 1276. L’Ordinario avrebbe parimenti potuto sostituirsi nell’amministrazione del beni, secondo poteri riconosciuti dal can. 1279, §1, nel caso dell’amministratore asserito negligente, ed avrebbe dovuto nominare agli uffici di governo di ODA, che invece dal 1984 mai più ebbero nomine, scadute nel 1989.

 

11.- Che l’Ordinario nel 1987 intendesse sostanzialmente “disecclesiasticizzare” i beni, conferirli ad una persona giuridica (ODA Scarl) del tutto autonoma da ODA - ente canonico, non soggetta né alla giurisdizione canonica, né allo Statuto di ODA - ente canonico, né dunque alle licenze canoniche, si evince anche da una lettera dell’Ecc.mo Arcivescovo Mons. Alfredo Battisti, inviata a Mons. Fabbro in data 11. 6. 1997.

Dalla medesima anzitutto si deduce che non vi fosse alcun problema di vigilanza e di negligente amministrazione, attesa la ribadita fiducia, nonché la richiesta di recedere dalle dimissioni dall’ufficio di consigliere del Seminario: “Questa lettera mi dà l’occasione per confermarTi la stima e la gratitudine mia e della Chiesa udinese per l’opera intelligente e appassionata con cui hai dato impulso alle Arti Grafiche, per la indefessa attività prestata nell’EFA e nell’ODA e nell’Istituto Sostentamento Clero da te iniziato e avviato in tutte le operazioni di trasferimento dei beni beneficiali. Ti chiedo di soprassedere alle Tue dimissioni di consigliere del seminario... RinnovandoTi i sentimenti di fiducia e di affetto mi confermo...” (ibid.).

La lettera, inoltre, domandando di eliminare dalla ragione sociale di ODA Scarl l’acronimo “Opera Diocesana Assistenza” ribadisce la volontà originaria di tenere separate le due persone giuridiche (ODA-ente canonico ed ODA Scarl), e la preoccupazione che la chiara separazione giuridica non fosse tuttavia sufficientemente percepita ab extra, così che ODA Scarl, nella sua attività di amministrazione di beni immobiliari, potesse apparentemente coinvolgere la chiesa particolare (la Diocesi), ovvero apparisse agire a nome della Chiesa.

E’ invece detto che ODA Scarl debba agire in maggiore libertà per le distinte affermate finalità della Soc. cooperativa: “La ragione che mi ha spinto a verificare la possibilità di sostituire il titolo: ‘Opera Diocesana Assistenza’ con altro nome, non è per disistima verso l’attività della cooperativa, ma per lasciare maggiore libertà di gestione economica di un enorme complesso immobiliare che, per sostenersi, deve ospitare attività certamente conformi a valori umani, etici e civili, ma non sempre coincidenti con gli scopi che deve prefiggersi la chiesa particolare” (ibid.). 

 

12.- Il decreto dell’Ordinario datato 14.03.2011 di formale soppressione di O.D.A. – ente canonico pare dunque giuridicamente ultroneo ed inutile, rispetto ad un effetto già considerato pacificamente raggiunto dall’autorità ecclesiastica a far data dal 1988. Il decreto di formale soppressione del 2011, inoltre, ha indotto il macroscopico errore che ODA ente canonico fosse ancora esistente ed operativa a quella data.

Nello stesso decreto del 14.03.2011 di asserito “scioglimento”, inoltre, si menziona, quale giusta causa, l’assenza di finalità, di identità giuridica e di mezzi di ODA già a far data da un tempo assai remoto: “ora, considerando che l’Opera Diocesana di Assistenza era il braccio operativo della Pontificia Opera di Assistenza e che quest’ultima è stata sciolta nel 1970 da S.S. Paolo VI...” (ibid.). Si ammette, dunque, che ODA fosse collegata con la Pontificia Opera di Assistenza eretta nel 1953, e che le finalità storiche di queste fossero venute meno, come di fatto sono storicamente ed obiettivamente venute meno, nel 1970, con assenza, dunque, dei fini istituzionali di ODA ente meramente canonico.

Inoltre: “...tenendo conto dei mutamenti avvenuti nella disciplina canonica ed essendo mutate le condizioni per cui l’Opera era stata istituita...” (ibid.). In questo caso ci si riferisce alla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico avvenuta nel 1983, ed all’accordo di modifica del Concordato del 1984.

Il decreto, dunque, rimanda a soppressioni del 1970, alla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 ed alla intervenuta novella concordataria di cui alle citate L. 121/85 e L. 222/85. Risulta dunque assolutamente non credibile una sopravvivenza giuridica di ODA così posteriore alla soppressione della Pontificia Opera di Assistenza (1970), all’estinzione della Mensa arcivescovile di Udine (1987), al completo mutamento di ODA ente canonico in ODA Soc. coop. a r l. ricadente sotto altra e diversa giurisdizione di diritto comune statuale (1987), al conferimento di tutti i beni della massa patrimoniale personificata (1988), all’assenza di vigilanza e/o sostituzione nell’amministrazione e/o controllo del rendiconto, ed alla vacanza di uffici così datata nel tempo (dal 1989).

A far data dal decreto di licenza di conferimento beni del 16.03.1988 e dal successivo effettivo conferimento, non risulta che alcun bene ecclesiastico sia più appartenuto all’ente canonico ODA, alcun atto di amministrazione di beni sia più stato posto in essere, alcuna partecipazione societaria sia più stata rivendicata (ovvero, in successioni di persone giuridiche civili succedute a ODA Scarl sia mai stata rivendicata dall’autorità ecclesiastica), alcun conto corrente sia mai più stato intestato ad ODA ente canonico, da cui non è dato comprendere quanto disposto nel 2011, e neppure in che cosa sia consistita la liquidazione di quell’anno che, è dato presumere, non abbia registrato da parte del eppure nominato Liquidatore, alcuna attività. Ma anche quella documentazione (relativa alla liquidazione del 2011) mai è stata esibita nel processo!

 

13.- In conclusione, in ragione delle categorie giuridico-canoniche sopra esposte, è dunque possibile dedurre che l’Ordinario diocesano, con decreto del 02.09.1987 di integrale mutamento sia della natura giuridica, sia anche della giurisdizione inerente ad O.D.A. ente meramente canonico mutato in Soc. coop a r. l. ente meramente civile, e di trasferimento a quest’ultima dei fini e statuto, abbia inteso tacitamente o implicitamente sopprimere la persona giuridica canonica: “... positiva revocatio sive implicite, sive explicite fieri potest, utraque vero sive ex iuris praescripto sive ex formali decreto revocatorio. Explicita suppressio habetur si expressis verbis concessa antea personalitatis auferatur et denegetur; implicita si iura omnia personalitatis collegio vel fundationi auferantur quin de ipsa personalitate sermo occurrat” (M. Coronata, Institutiones Iuris Canonici, vol. I, Taurini 1950, p. 166, 167, n. 140).

 Con decreto 16.03.1988 l’Ordinario ha conseguentemente autorizzato il conferimento di tutti i beni di O.D.A. ente meramente canonico ad ODA Soc. coop. a r. l. ente meramente civile, integralmente svuotando l’ente canonico dell’universitas rerum, e dunque dell’elemento ontologico ad substantiam, che permette di dedurne, secondo le categorie canonistiche, la soppressione implicita o tacita.

Tale sostanziale devoluzione ha inoltre comportato che i beni ecclesiastici appartenenti ad ODA ente meramente canonico, non fossero più da questo rivendicabili (posizioni creditorie o altro) per totale assenza di personificazione giuridica civile di ODA ente canonico, così sottraendosi alla diretta giurisdizione canonica, e divenendo beni privati, sotto la giurisdizione esclusiva statale.

Con la successiva assenza di nomine agli uffici a scadenza quinquennale (scaduti nel 1989), l’assenza di attività, l’assenza di vigilanza, l’assenza di atti posti in sostituzione dell’amministratore asserito negligente, l’assenza di redazione e di controllo del bilancio con approvazione dell’attività di ODA - ente canonico in Consiglio affari economici diocesano, l’assenza di impugnazione degli atti di straordinaria amm.ne eventualmente avvenuti senza licenza canonica, l’assenza di rivendicazione di posizioni creditorie di ODA – ente canonico, e la richiesta che ODA Scarl mutasse nome onde non ingenerare falsa rappresentazione di collegamento con la giurisdizione canonica, l’autorità ecclesiastica ha ulteriormente palesato l’avvenuta soppressione tacita o implicita dell’ente e dei connessi uffici divenuti non già vacanti ma inesistenti. L’assenza della giurisdizione ecclesiastica su ODA Scarl, e su qualsiasi persona giuridica meramente civile che ad ODA Scarl sia civilmente succeduta, è evidente.

La realtà storica mutata già a far data dal 1976, e quella normativa mutata nel 1983 e nel 1985 rendono la tesi esposta l’unica ammissibile.

Ove non si volesse ammettere la soppressione implicita o tacita di ODA ente meramente canonico, si evidenzia nondimeno che lo Statuto di ODA Scarl (e di qualsiasi persona giuridica civile ad essa succeduta) dimostri totale assenza di giurisdizione canonica (nomine, potere deliberativo ecc.), assenza di amministrazione dei beni ai sensi del Diritto Canonico, configurazione degli stessi quali beni non ecclesiastici, assenza di controllo del bilancio, espressa previsione statutaria di ogni e più ampia facoltà deliberativa in ordine all’amministrazione da parte degli organi di ODA Scarl, ivi comprese “operazioni mobiliari ed immobiliari, economiche e finanziarie, nonché l’adesione a consorzi” per il raggiungimento degli scopi sociali della cooperativa, invero infungibili e del tutto sganciati rispetto a quelli di ODA ente meramente canonico.

Qualsiasi atto di amministrazione disposto nell’ambito delle attività di ODA Scarl (o persone giuridiche civili ad essa succedute), pertanto, solo a questa è attribuibile, senza alcun riferimento allo Statuto, alla persona giuridica canonica, alla giurisdizione canonica, ed alle finalità di ODA ente meramente canonico, nel cui ambito era ricompresa l’amministrazione di soli beni ecclesiastici, e la cui amministrazione era strettamente normata dal Diritto Canonico.

Le condotte ascritte al Rev. Luigi Fabbro, pertanto, riferite agli anni 2008, 2009,e 2010, che egli avrebbe commesso in qualità di “Presidente del Comitato di garanzia” di ODA ente canonico, pertanto, sono MATERIALMENTE IMPOSSIBILI.

 

Le somme per le quali il Rev. Fabbro è stato condannato furono oggetto di donazione personale del Rev. Brianti al Rev. Fabbro, e di donazione successiva da parte del Rev. Fabbro, a fondo perduto, a società che gestivano colonie ed attività di turismo sociale

14.- In punto di morte, come è stato testimoniato anche nel processo penale, Mons. Brianti, del clero di Udine, Presidente di ODA ente canonico, per una serie di circostanze legate alla sua vita personale, consegnò a Mons. Fabbro libretti al portatore intestati a “Primavera 76” giacenti, alla morte di Mons. Brianti (24.04.1984) presso la Banca Popolare Udinese, esprimendo la chiara volontà che Mons. Luigi Fabbro li tenesse fuori dai beni di ODA, e li destinasse alle attività che il Sacerdote avrebbe ritenuto, a sua discrezione, più opportune.

Dei libretti e del loro contenuto, non si trova mai menzione nei bilanci di ODA, già sotto la presidenza di Mons. Brianti, né menzione di tali libretti si rinviene neppure nella successiva predetta Relazione di stima, previa alla devoluzione totale dei beni di ODA e conferimento ad ODA Soc. coop. a r. l. del 1988.

Né la intestazione “Primavera 76” (o qualsivoglia altra possibile) dichiara in alcun modo la finalizzazione delle somme a cause pie e dunque la configurazione del lascito quale pia volontà destinata specificamente ad O.D.A.

Che le somme depositate non fossero destinate ad ODA è significativamente evidenziato dalle ricostruibili circostanze, ossia dal fatto che l’allora Presidente di ODA, Mons. Brianti, tenendo distinto quel patrimonio (beni privati) da quello ecclesiastico di ODA (beni ecclesiastici), alla sua morte non solo non trasferì i libretti bancari all’Ordinario diocesano quale esecutore nativo delle pie volontà (cfr. can. 1301), ma neppure li trasferì fiduciariamente ad alcun consigliere ODA, né manifestò ad alcuno la volontà che le somme andassero intese quali beni ecclesiastici appartenenti ad ODA, ovvero che andassero consegnate da Mons. Fabbro all’Ordinario, ovvero che questi le trasferisse ad ODA  Non vi sono dunque elementi per sostenere l’appartenenza dei libretti “Primavera 76” ad ODA-ente canonico, e dunque la loro caratterizzazione quali beni ecclesiastici: si trattò di una donazione privata di Mons. Brianti a Mons. Fabbro.

 

15.- A Mons. Fabbro non può essere inoltre riconosciuto il ruolo giuridico di fiduciario canonico, né di esecutore canonico di pie volontà, né di esecutore testamentario, né di onerato di legato, né di soggetto agente in qualità di Presidente pro tempore ODA giacché dagli atti trasmessi non è ricostruibile la volontà di Mons. Brianti, salvo quella di consegnare i predetti beni privati e non ecclesiastici alla persona di Mons. Luigi Fabbro allorché Mons. Fabbro non era Presidente di O.D.A. (la nomina avvenne nel successivo 01.06.1984 e la morte di Mons. Brianti avvenne il 24.04.1984).

 

16.- Né i beni sono mai divenuti beni ecclesiastici, neppure dopo il trasferimento delle somme di cui ai libretti al portatore “Primavera 76” sul conto corrente “Luigi Fabbro O.D.A.” presso la Banca Antoniana (cc. 11676: cfr. doc n. 7) acceso in data 22.10.1992.

In tale anno (allorché Mons. Fabbro non era più Presidente di ODA ente canonico), non essendo più possibile mantenere libretti al portatore, al fine di non far confluire, nel caso di suo decesso, tali somme nella sua successione ereditaria a favore dei propri parenti, egli decise di usare l’acronimo “ODA” (ente, si è detto, estinto nel 1988) per distinguere quel denaro personale, affinché in caso di apertura della propria successione potesse non confondersi con il proprio patrimonio personale, e potesse andare ai ragazzi delle colonie.

Evidente che l’aggiunta di un acronimo (un tempo permessa) sul nome di un proprio conto corrente, non possa costituire una donazione implicita a favore di nessuno. Quanto all’intestazione, si sarebbe difatti potuto aggiungere qualsivoglia acronimo, sia di fantasia, sia non di fantasia, senza mutare giuridicamente la natura privata e non ecclesiastica del bene. Indubbiamente quell’aggiunta, con il senno di poi, è stata improvvida, ed ha ingenerato l’errore della Magistratura, ma occorre evidenziare l’ingenuità dell’errore: se Mons. Fabbro avesse aggiunto l’acronimo FIAT sul nome del conto, i suoi risparmi sarebbero divenuti parte del patrimonio della FIAT?

Quanto al soggetto legittimato ad operare sul conto corrente, è sempre risultata la sola persona fisica Luigi Fabbro, senza alcuna limitazione o firma congiunta, che tradizionalmente viene inserita per gli enti ecclesiastici in riferimento alle Licenze canoniche per gli atti di straordinaria amministrazione.

L’ufficio di Presidente di ODA-ente canonico, per Mons. Luigi Fabbro, si è già detto essere peraltro scaduto in data 01.06.1989, mentre il c.c. fu acceso nel 1992. E la donazione da parte di Mons. Brianti a favore di Mons. Fabbro avvenne nel 1984 allorché il Fabbro non era ancora Presidente ODA. L’acronimo ODA fu pertanto inserito solo da Mons. Fabbro nel 1992, su un conto personale, in un anno nel quale egli non rivestiva neppure più alcun ufficio in ODA.

L’accensione di quel conto corrente mai fu autorizzata e disposta da alcuna autorità ecclesiastica, come sarebbe stato, prevedendo il sistema delle firme congiunte, per qualsiasi ente ecclesiastico.

L’accensione nel 1992 di un conto corrente, ancorché intestato a Mons. Fabbro con acronimo ODA ente canonico, non ha mutato di per sé la natura di quei beni, che non divennero ecclesiastici e dunque non di pertinenza di una persona giuridica pubblica di diritto canonico.

L’amministrazione delle predette somme, in tutti i successivi trasferimenti ed atti dispositivi, pertanto, va considerata sottratta alla giurisdizione canonica, allo Statuto ed alle conseguenti Licenze ecclesiastiche nell’ambito della persona giuridica pubblica canonica ODA – ente canonico ed al suo Statuto.

 

17.- Le somme furono conferite da Mons. Fabbro nel 2001 a FINGEFA spa: Società partecipata, tra le altre, da Efa, e Getur. FINGEFA era dunque società controllata da enti amministrati o comunque controllati dall’autorità ecclesiastica, nell’ambito della gestione di colonie, immobili, attività sociali, fino anche alle colonie per ragazzi svantaggiati in montagna a Piani di Luzza (soc. TUGLIA sci).

Mons. Fabbro, per salvare la Società decotta, rinunciò a quel finanziamento personale perché potesse essere espunto dal bilancio quale debito, e nel 2010 conferì fondi a TUGLIA sci. 

Tuttavia, dell’atteggiamento mutato da parte dell’autorità ecclesiastica nei confronti di questi enti se ne trova menzione nella sentenza di appello: “…gerarchia ecclesiastica che di lì a poco avrebbe manifestato attraverso gli avvocati di EFA sfavore nei confronti delle società decotte e volontà di abbandonarle alle loro sorti” (Corte di Appello di Trieste, sent. r.g. app. 458/15, del 06.04.2016, p. 2). 

 

18.- In conclusione, le somme originariamente depositate su Libretti al portatore sotto la denominazione “Primavera 76” e poi depositate su un conto corrente bancario acceso nel 1992 non sono mai appartenute ad ODA ente canonico, né esse hanno mai assunto la qualifica giuridica di bene ecclesiastico. Tali somme non sono dunque mai state subordinate alla giurisdizione canonica nell’ambito di detto ente, né hanno avuto finalizzazione conforme a quanto stabilito negli Statuti di O.D.A – ente canonico approvati il 10.11.1954 e riformati il 19.06.1984: erano somme private di Mons. Luigi Fabbro, donategli da Mons. Brianti.

Egli solo nel 2001 decise di usare quel denaro personale, che aveva sempre tenuto distinto dal proprio patrimonio, per salvare Società che si occupavano delle colonie dei ragazzi e del turismo sociale. Il Rev. Luigi Fabbro, nel disporre di esse nel 2001, ha lodevolmente disposto di beni privati, spogliandosene, e non ha agito (tra il 2008 ed il 2010) in violazione dello Statuto di ODA ente canonico, già estinto nel 1988.

Se egli avesse tenuto per sé il denaro donatogli da Mons. Brianti, e dunque avesse voluto veramente “appropriarsene”,  non lo avrebbe prima conferito come finanziamento infruttifero, e poi “regalato” a Società che gestivano colonie di ragazzi e turismo sociale.

Il paradosso è pertanto evidente: se Mons. Fabbro avesse tenuto per sé quel denaro, mai nessuno se ne sarebbe accorto. Al contrario, decidendo di donarlo per fini ed interessi non propri, ha paradossalmente fatto sì che si ingenerasse un macroscopico errore giudiziario che, per quanto evidente, non è stato compreso a motivo della specificità dell’intersecarsi della giurisdizione canonica e civile in materia di enti ecclesiastici.

Resta un solo obiettivo fatto: Mons. Luigi Fabbro non si è mai appropriato di alcuna somma.